Nel dicembre 2019 alcuni ricercatori italiani si sono occupati di una questione molto interessante: l’integrazione vitaminica appropriata e inappropriata nei bambini. «La mancanza di linee guida in questi campi può portare i pediatri a un uso improprio delle vitamine, sia in termini di uso eccessivo, che inadeguato. Ciò è dovuto al fatto che l’integrazione vitaminica è spesso intesa come terapia di supporto, piuttosto che come strumento terapeutico essenziale in grado di modificare la prognosi della malattia». Questo è il motivo, come spiegano i ricercatori, per cui è a dir poco essenziale approfondire certi temi.
Il lavoro è stato svolto selezionando solo studi originali riguardanti l’integrazione vitaminica, sia per le vitamine liposolubili (vitamina E, vitamina A, Vitamina D) che idrosolubili (vitamina C, acido folico, vitamina B12).
La vitamina C
La vitamina C è una vitamina idrosolubile che si trova nel corpo umano nella forma di acido ascorbico. Frutta e verdura rappresentano per noi la principale fonte di vitamina C. La vitamina C ha molteplici funzioni, ma soprattutto è essenziale per la sintesi del collagene, è coinvolta in molte reazioni enzimatiche, nella modulazione delle funzioni del sistema nervoso centrale e ha anche un importante ruolo antiossidante, neutralizzando le specie reattive dell’ossigeno, molecole nocive per il nostro organismo.
I ricercatori hanno evidenziato che «per quanto riguarda le malattie respiratorie, l’integrazione di vitamina C non si è dimostrata benefica in caso di infiammazione delle vie aeree superiori, perché non ha influenzato la gravità o la durata della malattia». Allo stesso tempo, però, sembra essere utile in caso d’infezioni respiratorie ricorrenti. Secondo uno studio preso in esame, la somministrazione di vitamina C e probiotici per 6 mesi è in grado di ridurre l’incidenza e la durata delle infezioni, ma questo studio prende in considerazione l’azione sinergica di entrambe le sostanze, quindi è difficile trarre conclusioni sulla sola vitamina C.
Sempre nell’area delle patologie respiratorie l’integrazione di vitamina C è in grado di ridurre la durata e la gravità della polmonite nei pazienti adulti, ma finora non sono stati pubblicati studi sulla popolazione pediatrica, inoltre nonostante sia stato dimostrato un importante ruolo della vitamina C nella regolazione del metabolismo dell’istamina e delle prostaglandine nei polmoni e nei bronchi, con un possibile effetto broncodilatatore non è ancora stata dimostrata l’utilità della vitamina C nell’asma allergica o indotta da esercizio.
La vitamina C in ambito neurologico
In ambito neurologico, grazie alle proprietà neuromodulatorie e antiossidanti sul sistema nervoso centrale della vitamina C, la sua integrazione sembra avere un effetto benefico sulla depressione nei bambini, «in supporto alla terapia standard». Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che la vitamina C è in grado di ridurre la sensazione di dolore in molti disturbi del dolore, come la nevralgia post-erpetica, il dolore oncologico e le sindromi dolorose regionali.
In ambito ematologico hanno sottolineato la capacità della vitamina C di aumentare l’assorbimento del Fe, convertendolo nella sua forma ridotta, per cui studi recenti suggeriscono la sua capacità, se somministrato con Fe orale, di migliorare i parametri ematologici in pazienti con anemia sideropenica refrattaria al trattamento con ferro.
Hanno visto altri possibili impieghi nei pazienti dializzati o con insufficienza renale cronica, in cui l’integrazione di vitamina C è stata in grado di ridurre i livelli ematici di acido urico e di migliorare il profilo lipidico.
Un altro campo di applicazione è quello delle malattie metaboliche. La vitamina C ha mostrato alcuni effetti nell’obesità, riducendo il tipico stato pro-infiammatorio, ma sono necessari ulteriori approfondimenti su questo tema. Infine, una recente meta-analisi che ha testato gli effetti della somministrazione di vitamina C sui livelli di glucosio e insulina ha dimostrato che «la vitamina C è stata in grado di ridurre significativamente la glicemia nei pazienti con diabete di tipo 2, specialmente con una somministrazione prolungata».