Molti studi indicano che la riduzione dell’introito calorico e il digiuno intermittente allungano la vita e riducono il rischio di sviluppare diverse malattie.
Già nel 1997, uno studio condotto da Weindruch e Sohal e pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine affermava che, nei ratti di laboratorio, ridurre la disponibilità di cibo aveva effetti positivi sull’aspettativa di vita e sui processi di invecchiamento. La spiegazione proposta per questi benefici era la ridotta produzione di radicali liberi (responsabili dello stress ossidativo). Quel che i ricercatori non sapevano è che i roditori non hanno il senso della procrastinazione: messi davanti a una quantità di cibo che dovrebbe bastargli per l’intera giornata, lo consumano in poche ore, trascorrendo le restanti ore a digiuno, fino all’erogazione del pasto successivo. Questa consapevolezza ha dato il via a una serie di approfondimenti sui regimi dietetici che prevedono il digiuno, e sulla chetogenesi (ovvero la produzione di energia a partire dalle scorte di nutrienti immagazzinate nei tessuti dell’organismo) da questi indotta.
Numerosi studi hanno evidenziato che il digiuno intermittente avrebbe benefici sulla salute, e che questi non dipendono solo dalla perdita di peso e dalla minor produzione di radicali liberi: il digiuno risveglia risorse cellulari ancestrali che regolano l’utilizzo degli zuccheri nel sangue, aumentato la resistenza allo stress, sopprimono l’infiammazione e lo stress ossidativo. Ciò nonostante, la maggior parte delle persone che vivono nel mondo sviluppato consuma tre pasti al giorno, talvolta con spuntini intermedi. Come regolarci? Una recente revisione pubblicata sul New England Journal of Medicine riassume le evidenze raccolte finora sul digiuno e sui suoi suoi effetti.
Come cambia il metabolismo durante il digiuno intermittente
I principali nutrienti delle nostre cellule sono gli zuccheri (in particolare il glucosio) e gli acidi grassi. Dopo i pasti, i grassi in eccesso vengono accumulati nel tessuto adiposo sotto forma di trigliceridi; durante il digiuno, per garantire all’organismo il carburante necessario ai suoi processi basali, questi trigliceridi vengono scissi in glicerolo e acidi grassi, i quali sono a loro volta impiegati come fonti di energia. Il fegato trasforma gli acidi grassi in corpi chetonici, che forniscono energia a molti organi (soprattutto il cervello) durante il digiuno: i livelli di corpi chetonici aumentano nel sangue degli esseri umani circa 8-12 ore dopo aver consumato l’ultimo pasto (a differenza per esempio dei roditori, in cui cominciano a elevarsi dopo 4-8 ore).
Il passaggio dall’utilizzo di glucosio a quello di acidi grassi e corpi chetonici provoca profondi cambiamenti nell’organismo: i corpi chetonici, infatti, sono anche molecole di segnale, che regolano l’espressione genica e la produzione di sostanze connesse con l’invecchiamento.
Nell’uomo, i principali regimi dietetici che prevedono il digiuno intermittente sono tre: il digiuno a giorni alterni, il digiuno per 2 giorni a settimana e il digiuno giornaliero (il periodo della giornata durante il quale l’individuo mangia è limitato, per esempio a 8-12 ore). Molti studi hanno indicato che i benefici del digiuno intermittente sono in gran parte scollegati da quelli legati alla perdita di peso: il cambiamento del metabolismo incide sulla regolazione dei livelli di glucosio, sulla pressione e frequenza cardiaca, sulla resistenza allo stress e sulla perdita di grasso addominale.
La resistenza allo stress
A differenza di quanto facciamo noi oggi, i nostri antenati non consumavano 3-5 pasti regolari ogni giorno, ma mangiavano quando se ne presentava la possibilità. Nel tempo, il loro corpo si è adattato a sviluppare creatività e forza fisica anche nelle situazioni di digiuno, per permettergli di procacciarsi cibo in ogni condizione. Oggi, molto studi dimostrano che la maggior parte degli organismi reagisce al digiuno con meccanismi specifici, che consentono di tollerare e superare le avversità per poi ristabilire l’equilibrio. In pratica, le cellule rispondono al digiuno instaurando una risposta di adattamento allo stress: aumentano le difese antiossidanti, riducono l’infiammazione, implementano i meccanismi di riparazione del DNA. Negli animali (compreso l’uomo) che sperimentano ripetutamente il digiuno, questi meccanismi adattativi diventano duraturi, aumentando la resilienza e la resistenza a diverse malattie.
Gli effetti su salute e invecchiamento
Dopo circa un secolo di studi, si è giunti alla conclusione che la restrizione calorica (ovvero la riduzione dell’introito di cibo) allunga la vita. Oggi, sembra che questa conseguenza sia legata non solo al deficit alimentare quantitativo, ma anche al regime di digiuno. Tuttavia, la portata di questo effetto è influenzata da vari fattori, come specie, sesso, età, dieta e fattori genetici.
Oltre ad aumentare l’aspettativa di vita, sembra che il digiuno intermittente migliori anche alcuni aspetti di salute. In alcuni studi, persone sottoposte a digiuno intermittente hanno mostrato, in relazione ad altre persone sottoposte solamente a riduzione dell’introito calorico, la stessa percentuale di perdita di peso, ma anche una maggior riduzione della circonferenza addominale e una migliore sensibilità all’insulina (la cui disgregazione apre la strada al diabete). Non solo: anche la performance fisica e cognitiva (resistenza muscolare e capacità intellettive) sembrano migliorare quando si restringe l’apporto alimentare; mancano però ancora studi per capire se questo effetto è legato al digiuno intermittente o al solo deficit calorico.
Le applicazioni pratiche
Sull’isola giapponese di Okinawa, il regime alimentare tradizionale prevede il digiuno intermittente, e la dieta si basa su elementi poveri di calorie, ma ricchi di nutrienti (come patate, legumi, verdure); questa popolazione è nota per avere bassissimi tassi di diabete mellito e di obesità oltre che un’estrema longevità. Tali benefici appaiono consistenti anche negli studi clinici sul digiuno intermittente di breve durata, mentre i dati sono più controversi negli studi a lungo termine. Dal punto di vista della salute cardiovascolare, è stato osservato che il digiuno intermittente migliora molti indicatori di benessere, come i livelli di pressione arteriosa, la frequenza cardiaca a riposo, i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue, e che riduce lo stress ossidativo legato allo sviluppo di aterosclerosi. Sembra che l’eccessiva alimentazione, soprattutto nel corso del’età adulta, predisponga allo sviluppo di ictus, demenze
e malattia di Parkinson. Negli studi su animali, il digiuno intermittente sembra ritardare l’insorgenza di queste malattie; mancano però studi clinici attendibili sugli essere umani.
E per quanto riguarda i tumori? Negli studi su animali, si è visto che sia la restrizione calorica sia il digiuno a giorni alterni riducono il rischio di sviluppare molti tumori. Questo effetto sembra legato ai cambiamenti nel metabolismo delle cellule tumorali, oltre che di quelle sane. Negli essere umani, la storia è più complessa, e molti studi clinici sono in corso o in fase di completamento: i risultati preliminari sembrano indicare benefici risultanti da regimi di digiuno, ma dovremo attendere i dati conclusivi per avere evidenze attendibili.
Nonostante i disparati benefici di salute riferibili al digiuno intermittente, inserire questa pratica nella vita di tutti i giorni non è semplice. In primo luogo, viviamo in una società che ha fatto dell’abbondanza il proprio slogan e la propria affermazione di benessere: scardinare la consuetudine dei tre pasti quotidiani e degli innumerevoli snack non è semplice, e le onnipresenti manifestazioni di marketing non aiutano in tal senso. Secondo, iniziare a digiunare non è facile: durante le prime settimane, la maggior parte delle persone sperimenta rabbia, irritabilità e difficoltà di concentrazione; questi disagi di solito scompaiono nel giro di un mese. Infine, anche tra i medici manca l’abitudine a prescrivere regimi di digiuno intermittente: l’ausilio di un nutrizionista o dietologo è essenziale per garantire un equilibrato apporto di macro e micro nutrienti, pur modificando la quantità e la tempistica dell’alimentazione.
Insomma, i potenziali benefici del digiuno intermittente sono comprovati, ma rimane il dubbio che tale abitudine sia applicabile nel lungo periodo: in un’epoca di disponibilità di beni, a differenza di quanto accadeva ai nostro antenati, sarà il libero arbitrio, e non più la necessità, a fare la differenza.
Fonti: