La vitamina B12 è una molecola fondamentale per molti processi dell’organismo che è importante assumere quando carente. Tuttavia, elevati livelli nel sangue di questa vitamina sono stati correlati a una maggiore mortalità: che cosa significa questo?
Abbiamo parlato in un precedente articolo di come, nell’ambito di una dieta bilanciata, i micronutrienti siano importanti tanto quanto i macronutrienti.
All’interno del gruppo dei micronutrienti ritroviamo molti sali minerali e vitamine. Una di queste è la vitamina B12. La vitamina B12 (o cobalamina) è una molecola essenziale per il nostro organismo. Essa appartiene alla famiglia delle cosiddette vitamine idrosolubili (ovvero che si sciolgono in acqua), ed è coinvolta in moltissimi processi a vari livelli (risposta immunitaria, produzione delle cellule del sangue e altro).
Molte ricerche, negli anni scorsi, hanno evidenziato che la mancanza di vitamina B12 può portare a malattie anche serie, come per esempio anemia e disturbi neuropschiatrici. D’altro canto, però, si è visto che anche una sua eccessiva concentrazione nel sangue può essere associata a condizioni patologiche: soprattutto nelle persone anziane e in quelle con malattie renali è stata osservata un’associazione tra alti livelli plasmatici di questa molecola e una più elevata mortalità.
Un nuovo studio
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista JAMA – Geriatrics ha cercato di far luce su questo punto. Per farlo, ha arruolato e seguito nel tempo più di 5.500 individui residenti nella città olandese di Groningen, che non stessero assumendo supplementi di vitamina B12 per via iniettiva (ovvero tramite un’iniezione e non per bocca). Tra queste persone, la misurazione dei livelli plasmatici di tale vitamina ha riscontrato concentrazioni diverse.
Gli individui con la più alta concentrazione di vitamina B12 nel sangue sono risultati mediamente più anziani, con un maggior tasso di sovrappeso e una pressione arteriosa più alta,
con livelli di glicemia e colesterolo più elevati e una funzionalità renale peggiore, rispetto a chi aveva concentrazioni di vitamina B12 normali o basse. Non è stata invece vista alcuna correlazione rispetto a un’eventuale storia personale di tumore, malattia renale o disturbi cardiovascolari.
Seguendo queste persone nel tempo, si è visto che un’elevata concentrazione plasmatica di vitamina B12 è risultata associata a una più elevata mortalità per tutte le cause. Sono state eseguite ulteriori analisi statistiche, per vedere se questa mortalità fosse correlabile all’età più anziana, a tumori, a malattie renali o cardiovascolari; tuttavia, nessuna di queste condizioni si è rivelata significativa. In altre parole: si è visto che alti livelli di vitamina B12 sono associati a maggiore mortalità in generale, ma non è chiaro quali siano le patologie che determinano questo rischio.
Come spiegare questi risultati
A oggi, purtroppo, abbiamo solo risposte parziali. Un’ipotesi è che i maggiori livelli di vitamina B12 nel sangue siano legati a malattie del fegato e dei reni: infatti, un fegato malato rilascia in circolo più vitamina B12, e reni malati fanno più fatica a eliminarla. Insomma, questa molecola, più che essere di per sé pericolosa, potrebbe essere una spia del malfunzionamento di alcuni apparati.
Un’altra ipotesi è legata all’assunzione di integratori orali (attenzione: lo studio ha escluso solo le persone che facevano uso di supplementazione per via iniettiva). Alcuni studi precedenti hanno evidenziato che assumere supplementi di vitamina B in eccesso, senza che vi fosse un reale deficit preesistente, non solo non portava a benefici dal punto di vista cardiovascolare, ma poteva addirittura esporre a rischi per la salute.
In conclusione: la vitamina B12 non è da demonizzare. Quando carente, integrarla è fondamentale per prevenire e curare disturbi anche gravi, come l’anemia. È invece possibile che, quando riscontrata ad alti livelli nel sangue di persone che non ne assumono supplementazioni, sia un indicatore di patologie sottostanti con un maggior rischio di morte. Le evidenze attuali non ci permettono però di capire quali malattie contribuiscono a determinare questo rischio: per scoprirlo, saranno necessari ulteriori rigorosi studi.